martedì 25 febbraio 2014

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La Scuola della Carta

CORSO DI EDUCAZIONE VISIVA:
La carta come opera unica e le tecniche della grafica d’arte

docente: Renata Giannelli

PARTE PRIMA

Presentazione
Il corso si prefigura come un percorso completo di formazione teorico pratica sul linguaggio della grafica.
A partire dalle formulazioni teoriche della psicologia della percezione, attraverso l’analisi e lo studio della forma , dei colori e delle strutture percettive , verranno appresi e sperimentati i
postulati della composizione , le leggi e la natura di un campo visivo e la sua comunicazione.
Si rivisiteranno gli studi di artisti del primo Novecento  quali Kandinskj , Klee e Itten che hano indagato sul significato originario di forma e colori, sul loro suono e risonanza.
Si studierà la psicologia della forma e le leggi della Gestald determinate dai nostri meccanismi di visione.
Il concetto gestaltico  verrà poi ampliato ed esteso alle nuove formulazioni di campo esposte dalla fisica quantistica portando così a una multidimensionalità
concettuale/percettiva/evocativa del campo visivo adatta a contenere ed esprimere i contenuti di un fare arte contemporaneo.
Ogni argomento teorico trattato sarà seguito da una esercitazione pratica.
I mezzi artistici proposti sono le tecniche della grafica d’arte (xilografia , incisione .collografia , ceramolle etc..) e la carta a mano.
L’apprendimento delle tecniche di stampa e di fabbricazione della carta a mano seguirà un filo teorico di pensiero che dall’uno porta al molteplice in modo tale da crescere ed esprimere con rigore esecutivo, stilistico e formale i vari stadi del processo e relativi contenuti.
E’ un viaggio all’interno dell’opera grafica . Una scomposizione della stessa nei suoi elementi originari e nelle loro interazioni , nell’intenzione e nel pensiero che la origina.
Il passo immediatamente successivo sarà la scelta consapevole di modi , forme e contenuti individuali per la creazione di un’opera , uno stile ed una poetica personali.


PSICOLOGIA DELLA FORMA

Quando si parla di percezione si finisce inevitabilmente a parlare della teoria della Gestalt o “teoria della forma”. Questa teoria prende il nome da una scuola strutturalista tedesca (Scuola di Berlino) che negli anni ’20 modifico lo sviluppo della psicologia. L’impostazione di questa scuola, infatti, si contrapponeva a quella dominante tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 definita “associazionistica” perché riteneva che la percezione di un oggetto fosse il risultato della associazione di elementi sensoriali distinti.
Siamo all’inizio del Novecento , la psicologia è una scienza agli albori e i primi psicologi venivano dal mondo delle Scienze Naturali e ne conservano l’impronta.
In quegli anni la tesi più condivisa è la psicologia atomistica.
Deriva dal materialismo greco che immaginava il mondo composto da elementi minutissimi, indivisibili e dotati di determinate forze. L’organismo è  rappresentato come un aggregato di questi elementi/cellule. Capita la funzione delle singole cellule la comprensione dell’organismo si ha per addizione. L’elemento base dei movimenti è il “riflesso”, nell’organismo agiscono sistemi di riflessi con struttura costante.
E’ un pensiero meccanicista che non tiene conto della peculiarità della vita psichica.
Le parti sono separate tra loro e il processo della coscienza è una progressione di immagini e sensazioni legate tra di loro da una contiguità di spazio e tempo.
E’ in questo contesto che nasce la Gestald . La psicologia della forma indaga i meccanismi della percezione e individua alcune costanti , fattori che determinano l’organizzazione del campo visivo.
La nascita della psicologia della Gestalt si fa risalire esattamente al 1912, quando Max Wertheimer scrisse un articolo in cui identificava un processo percettivo unitario – da lui chiamato fattore "phi" – grazie al quale i singoli stimoli verrebbero integrati, nel soggetto, in una forma dotata di continuità. Ciò significava che quello che prima era stato considerato un processo passivo – il percepire – veniva ad essere pensato come qualcosa di gran lunga più attivo, come un’attività subordinata a certi principi organizzativi generali.
 Werthemeir sosteneva che non c’è corrispondenza diretta tra realtà empirica e realtà percettiva e che quindi per comprendere il fenomeno percettivo non bisogna partire dalla descrizione dei singoli elementi sensoriali ma dalla situazione percettiva globale perché la “forma non è data dalla semplice somma dei suoi elementi ma è qualcosa di più, di diverso”.
La percezione dunque non dipende dagli elementi ma dalla strutturazione di questi elementi in un “insieme organizzato”, in una “Gestalt” (generalmente tradotta con “forma”, “struttura”, “pattern”).
Viene introdotto così il concetto di ‘campo’ in cui le parti sono in funzione del tutto.
La gestald è una corrente psicologica che ha stimolato molto il mondo artistico e ha segnato i postulati della grafica.


Le modalità secondo le quali si costituiscono le forme sono state classificate e descritte come “leggi della forma” e sono state elencate da Wertheimer nel 1923 nel modo seguente:
  1. legge della vicinanzaLegge della vicinanza: gli elementi del campo percettivo vengono uniti in forme con tanta maggiore coesione quanto minore è la distanza tra di loro.
    Nel design di un’interfaccia possiamo utilizzare questo principio per rendere più chiara la struttura della pagina (divisione in paragrafi di un testo).
  2. legge della somiglianzaLegge della somiglianza: gli elementi vengono uniti in forme con tanta maggior coesione quanto maggiore è la loro somiglianza.
    Utilizzare elementi, colori o simboli che visivamente collegano un’informazione ad un’altra aiuta a rendere accessibile e facilmente navigabile anche un sito con grandi quantità di contenuti.
  3. legge del destino comuneLegge del destino comune: gli elementi che hanno un movimento solidale tra di loro, e differente da quello degli altri elementi, vengono uniti in forme.
    In una configurazione tendono a unificarsi le linee con la stessa direzione od orientamento o movimento, secondo l’andamento più coerente, a difesa delle forme più semplici e più equilibrate.
  4. legge della chiusuraLegge della chiusura: le linee che formano delle figure chiuse tendono ad essere viste come unità formali.
    La nostra mente è predisposta a fornire le informazioni mancanti per chiudere una figura, pertanto i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come unità figurale su quelli aperti
  5. Legge della continuità di direzioneLegge della continuità di direzione:una serie di elementi posti uno di seguito all’altro, vengono uniti in forme in base alla loro continuità di direzione.
    Nella figura percepiamo come unità AB e XY e non AY e XB o ancora AX e YB.
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  6. Legge della pregnanza: la forma che si costituisce è tanto “buona” quanto le condizioni date lo consentono.
    In pratica ciò che determina fondamentalmente l’apparire delle forme è la caratteristica di “pregnanza” o “buona forma” da esse posseduta: quanto più regolari, simmetriche, coesive, omogenee, equilibrate, semplici, concise esse sono, tanto maggiore è la probabilità che hanno d’imporsi alla nostra percezione.
  7. Legge dell’esperienza passataLegge dell’esperienza passata: elementi che per la nostra esperienza passata sono abitualmente associati tra di loro tendono ad essere uniti in forme.
    Un osservatore che non conosce il nostro alfabeto non può vedere la lettera E in queste tre linee spezzate.

Una dimostrazione della veridicità di questi meccanismi percettivi le troviamo nelle illusioni ottiche e precisamente nelle figure ambigue e nel fenomeno ‘figura/sfondo’. Qui ci troviamo a dover prendere come punto di partenza la figura nella sua totalità e non nei suoi elementi.
Esher e Vasarelly hanno giocato artisticamente sul rapporto tra figura e sfondo. Esher ne ha fatto lo strumento per rendere l’ambiguità della visione e della realtà e l’ha interpretata in chiave figurativa. Vasarelly è rimasto nell’ambito delle forme primarie e geometriche creando giochi e illusioni ottiche di tipo astratto.










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