La Scuola della Carta
CORSO DI EDUCAZIONE VISIVA:
La carta come opera unica e le
tecniche della grafica d’arte
docente: Renata
Giannelli
PARTE PRIMA
Presentazione
Il
corso si prefigura come un percorso completo di formazione teorico pratica sul
linguaggio della grafica.
A
partire dalle formulazioni teoriche della psicologia della percezione,
attraverso l’analisi e lo studio della forma , dei colori e delle strutture
percettive , verranno appresi e sperimentati i
postulati
della composizione , le leggi e la natura di un campo visivo e la sua
comunicazione.
Si
rivisiteranno gli studi di artisti del primo Novecento quali Kandinskj , Klee e Itten che hano
indagato sul significato originario di forma e colori, sul loro suono e risonanza.
Si studierà la psicologia della forma e le leggi della Gestald determinate dai nostri meccanismi di visione.
Si studierà la psicologia della forma e le leggi della Gestald determinate dai nostri meccanismi di visione.
Il
concetto gestaltico verrà poi ampliato
ed esteso alle nuove formulazioni di campo esposte dalla fisica quantistica
portando così a una multidimensionalità
concettuale/percettiva/evocativa
del campo visivo adatta a contenere ed esprimere i contenuti di un fare arte
contemporaneo.
Ogni
argomento teorico trattato sarà seguito da una esercitazione pratica.
I
mezzi artistici proposti sono le tecniche della grafica d’arte (xilografia ,
incisione .collografia , ceramolle etc..) e la carta a mano.
L’apprendimento
delle tecniche di stampa e di fabbricazione della carta a mano seguirà un filo
teorico di pensiero che dall’uno porta al molteplice in modo tale da crescere
ed esprimere con rigore esecutivo, stilistico e formale i vari stadi del
processo e relativi contenuti.
E’
un viaggio all’interno dell’opera grafica . Una scomposizione della stessa nei
suoi elementi originari e nelle loro interazioni , nell’intenzione e nel
pensiero che la origina.
Il
passo immediatamente successivo sarà la scelta consapevole di modi , forme e
contenuti individuali per la creazione di un’opera , uno stile ed una poetica
personali.
PSICOLOGIA
DELLA FORMA
Quando
si parla di percezione si finisce inevitabilmente a parlare della teoria della Gestalt o “teoria della forma”.
Questa teoria prende il nome da una scuola strutturalista tedesca (Scuola di
Berlino) che negli anni ’20 modifico lo sviluppo della psicologia. L’impostazione di questa
scuola, infatti, si contrapponeva a quella dominante tra la fine dell’800 e i
primi del ‘900 definita “associazionistica” perché riteneva che la percezione
di un oggetto fosse il risultato della associazione di elementi sensoriali distinti.
Siamo
all’inizio del Novecento , la psicologia è una scienza agli albori e i primi
psicologi venivano dal mondo delle Scienze Naturali e ne conservano l’impronta.
In
quegli anni la tesi più condivisa è la psicologia atomistica.
Deriva
dal materialismo greco che immaginava il mondo composto da elementi
minutissimi, indivisibili e dotati di determinate forze. L’organismo è rappresentato come un aggregato di questi
elementi/cellule. Capita la funzione delle singole cellule la comprensione
dell’organismo si ha per addizione. L’elemento base dei movimenti è il
“riflesso”, nell’organismo agiscono sistemi di riflessi con struttura costante.
E’
un pensiero meccanicista che non tiene conto della peculiarità della vita
psichica.
Le
parti sono separate tra loro e il processo della coscienza è una progressione
di immagini e sensazioni legate tra di loro da una contiguità di spazio e
tempo.
E’
in questo contesto che nasce la Gestald . La psicologia della forma indaga i
meccanismi della percezione e individua alcune costanti , fattori che
determinano l’organizzazione del campo visivo.
La
nascita della psicologia della Gestalt si fa risalire esattamente al 1912, quando Max Wertheimer scrisse un articolo in cui
identificava un processo percettivo unitario – da lui chiamato fattore
"phi" – grazie al quale i singoli stimoli verrebbero integrati, nel
soggetto, in una forma dotata di continuità. Ciò significava che quello che
prima era stato considerato un processo passivo – il percepire – veniva ad
essere pensato come qualcosa di gran lunga più attivo, come un’attività
subordinata a certi principi organizzativi generali.
Werthemeir sosteneva che non c’è
corrispondenza diretta tra realtà empirica e realtà percettiva e che quindi per
comprendere il fenomeno percettivo non bisogna partire dalla descrizione dei
singoli elementi sensoriali ma dalla situazione percettiva globale perché la
“forma non è data dalla semplice somma dei suoi elementi ma è qualcosa di più,
di diverso”.
La percezione dunque non dipende dagli elementi ma dalla strutturazione di questi elementi in un “insieme organizzato”, in una “Gestalt” (generalmente tradotta con “forma”, “struttura”, “pattern”).
La percezione dunque non dipende dagli elementi ma dalla strutturazione di questi elementi in un “insieme organizzato”, in una “Gestalt” (generalmente tradotta con “forma”, “struttura”, “pattern”).
Viene
introdotto così il concetto di ‘campo’ in cui le parti sono in funzione del
tutto.
La
gestald è una corrente psicologica che ha stimolato molto il mondo artistico e
ha segnato i postulati della grafica.
- Legge della vicinanza: gli elementi del
campo percettivo vengono uniti in forme con tanta maggiore coesione quanto
minore è la distanza tra di loro.
Nel design di un’interfaccia possiamo utilizzare questo principio per rendere più chiara la struttura della pagina (divisione in paragrafi di un testo). - Legge della somiglianza: gli elementi vengono
uniti in forme con tanta maggior coesione quanto maggiore è la loro
somiglianza.
Utilizzare elementi, colori o simboli che visivamente collegano un’informazione ad un’altra aiuta a rendere accessibile e facilmente navigabile anche un sito con grandi quantità di contenuti. - Legge del destino comune: gli elementi che
hanno un movimento solidale tra di loro, e differente da quello degli
altri elementi, vengono uniti in forme.
In una configurazione tendono a unificarsi le linee con la stessa direzione od orientamento o movimento, secondo l’andamento più coerente, a difesa delle forme più semplici e più equilibrate. - Legge della chiusura: le linee che formano
delle figure chiuse tendono ad essere viste come unità formali.
La nostra mente è predisposta a fornire le informazioni mancanti per chiudere una figura, pertanto i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come unità figurale su quelli aperti - Legge della continuità di direzione:una serie di elementi
posti uno di seguito all’altro, vengono uniti in forme in base alla loro
continuità di direzione.
Nella figura percepiamo come unità AB e XY e non AY e XB o ancora AX e YB.
. - Legge della pregnanza: la forma che si
costituisce è tanto “buona” quanto le condizioni date lo consentono.
In pratica ciò che determina fondamentalmente l’apparire delle forme è la caratteristica di “pregnanza” o “buona forma” da esse posseduta: quanto più regolari, simmetriche, coesive, omogenee, equilibrate, semplici, concise esse sono, tanto maggiore è la probabilità che hanno d’imporsi alla nostra percezione. - Legge dell’esperienza passata: elementi che per la
nostra esperienza passata sono abitualmente associati tra di loro tendono
ad essere uniti in forme.
Un osservatore che non conosce il nostro alfabeto non può vedere la lettera E in queste tre linee spezzate.
Una dimostrazione della
veridicità di questi meccanismi percettivi le troviamo nelle illusioni ottiche
e precisamente nelle figure ambigue e nel fenomeno ‘figura/sfondo’. Qui ci
troviamo a dover prendere come punto di partenza la figura nella sua totalità e
non nei suoi elementi.
Esher e Vasarelly hanno
giocato artisticamente sul rapporto tra figura e sfondo. Esher ne ha fatto lo
strumento per rendere l’ambiguità della visione e della realtà e l’ha
interpretata in chiave figurativa. Vasarelly è rimasto nell’ambito delle forme
primarie e geometriche creando giochi e illusioni ottiche di tipo astratto.
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